Sulla facciata della chiesa di S. Angelo in Spatha, è murato uno splendido sarcofago etrusco-romano, in marmo bianco, sul quale a bassorilievo è scolpita la caccia del cinghiale Caledonio. In esso è sepolta la nobildonna Galiana (1135).
Troviamo scritto, in antiche cronache, che la città di Viterbo nel XII secolo aveva sei nobiltà (cose preziose):
1) Era una città libera, nessuno poteva impadronirsene.
2) Aveva l'altare Viareccio, era questo un altare posto su un carro e dava la vittoria in battaglia a chi lo possedeva.
3) Aveva una giovane di nome Galiana di bellezza insuperabile.
4) Aveva una donna chiamata Anna con i capelli metà rossi e metà verdi.
5) Possedeva il cavallo Calo, grande, vigoroso e bello, celebrato in tutta Italia.
6) C'era a Viterbo un giullare detto Frisigello, insuperabile per abilità.
La leggenda attribuisce la nascita di Viterbo ad opera di profughi provenienti dalla distrutta città di Troia. A ricordo di questa origine si narra che venisse mantenuta e venerata una troia bianca e, nel giorno di Pasqua, le venisse offerta come pasto, presso il fiume Paradosso, una fanciulla tratta a sorte tra le vergini della città.
Un anno la sorte toccò a Galiana, una fanciulla bellissima dalla carnagione così bianca e trasparente che quando beveva del vino rosso, il colore vermiglio traspariva dalla sua gola. La fanciulla fu dunque condotta al luogo del scrifici ma, quando la troia stava per divorarla, dal bosco vicino sbucò un leone che uccise la bestia e la trascinò con se nella foresta. Galiana fu così liberata e con essa la popolazione dal terribile obbligo di sangue.
Il popolo, riconoscente, assunse nello stemma della città il leone ed eresse sul luogo una chiesetta intitolata "Santa Maria della Scrofa"; il luogo porta ancora il nome di valle della "Troia".
Galiana crebbe in età e bellezza e la sua fama si sparse nei paesi più lontani, molti erano quelli che venivano per poterla ammirare.
Venne pure un nobile romano che invaghitosi della fanciulla la chiese in moglie, al suo rifiuto decise di averla con la forza e tornato con un esercito armato pose sotto assedio la di lei famiglia nella torre detta del Bacarozzo presso la porta di FAVL. Il padre, non avendo più provviste per resistere, piuttosto che cedere la figlia agli assalitori la uccise e gettè il corpo giù dalla torre.
Questo è uno dei finali della leggenda, un altro, invece, racconta cle il nobile non riuscendo nel suo intento di averla con la forza, chiese che Galiana gli venisse mostrata ancora una volta dall'alto della torre, poi avrebbe tolto l'assedio e sarebbe tornato nella sua città. La sua richiesta fu accolta ma, appena Galiana si mostrò dall'alto degli spalti, c'è chi dice lo stesso nobile, chi invece arrerisce sia stato un suo soldato, partì una freccia da una balestra che colpì a morte Galiana. I Viterbesi inferociti uscirono dalle mura e diedero battaglia, l'esecito assalitore fu sgominato e messo in fuga. La fanciulla fu sepolta nel sarcofago con scolpita la storia del leone e della scrofa. Una terza versione narra che il nobile, vista la fanciulla amata per l'ultima volta, si ritirò con le sue truppe come promesso.
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Opere consultate:
EGIDI GIUSEPPE FERDINANDO, Guida della città di Viterbo e dintorni, Agnesotti, Viterbo, 1889.
ANDREA SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Stab. F.lli Capaccini, Roma, 1920.
FRANCESCO MATTIOLI, Dentro Viterbo, Catania, Bonanno Editore, 2009.