Affresco sovrastante una delle porte della chiesa primitiva oggi murata.


Il muro esterno destro della chiesa è quanto resta della primitiva chiesa in stile romanico.


La chiesa di S. Angelo in Spatha deve il suo nome alla famiglia Spatha che la ebbe in proprietà a partire dall'XI secolo. La chiesa così come si presenta oggi è frutto di restauri e rifacimenti che furono eseguiti nel corso dei secoli. Originariamante essa si presentava in stile lombardo-romanico a tre navate con tre absidi, tetto a capanna e finestre monofore lungo le pareti ed era dotata di un portico che andò distrutto insieme alla facciata nel 1549 per il crollo del campanile. Esso non fu mai più ricostruito mentre la facciata fu rifatta nel 1560. A ricordo dei lavori furono posti sulla sua faccita gli stemmi di papa Pio IV, quello del Comune e quello dei Piccolomini che contribuirono alle spese. Nel 1746 fu avviata la completa ristrutturazione della chiesa ed oggi di quello che era l'antica chiesa di Sant'Angelo rimane solo il lato esterno destro, in peperino con una porta sovrastata da una lunetta che reca tracce di un affresco e le finestre monofore ad arco, tipiche delle chiese medievali. Il muro fu in passato lesionato in seguito a terremoti e per consolidarlo furono costruiti gli archi che sovrastano il vicolo e lo collegano al palazzo di fronte. Oggi la facciata si presenta a capanna con un portale sormontato da una lunetta e tre finestroni disposti a triangolo. Il finestrone centrale presenta una vetrata istoriata che raffigura San Michele Arcangelo titolare della chiesa. Interessante, sul lato destro della facciata, è la copia un sarcofago romano del II secolo D.C. con scolpita in bassorilievo la scena di una caccia al cinghiale e che secondo la leggenda costituisce la tomba della Bella Galliana (l'originale è custodito nel museo civico).
Nello statuto municipale è contenuto un brano che riporta un fatto storico importante legato alla chiesa di Sant'Angelo. Nel 1387 vi fu una sollevazione popolare contro il tiranno Francesco di Vico ed era in corso una furiosa battaglia nella piazza del comune. Nella battaglia i rivoltosi stavano per avere la peggio quando dal campanile della chiesa cadde un vessillo con l'immagine di San MIchele, vessillo che era stato lassù issato per la festività del santo. Il fatto fu interpretato dai rivoltosi come un segnale del sostegno divino alla loro lotta e ne trassero la forza per contrastare le milizie del Vico che furono messe in fuga. A ricordo di tale avvenimento il Comune diede disposizione di festeggiare ogni anno la ricorrenza con una solenne processione, luminarie e una corsa denominata della quintana da tenersi nei pressi della chiesa. Alcuni segni di questi festeggiamenti sopravvissero fino al 1870 quando, sull'onda emotiva dell'unità d'Italia e della breccia di porta Pia a Roma, in un eccesso di furia iconoclasta, si credette bene di cancellare tutto ciò che si poteva ricollegare al passato.
L'interno si presenta a croce latina con soffitto a volta e presbiterio quadrato, sulle pareti laterali si aprono tre cappelle per lato. Lo stile comprende elementi sia barocchi che neoclassici. La chiesa conserva alcune opere d'arte di notevole levatura, sopra l'altare maggiore si può ammirare una tela dei primi del '600 con San Michele Arcangelo del pittore viterbese Filippo Caporossi, nella prima cappella di destra si può ammirare una tavola del XV secolo raffigurante la Madonna con Bambino, nella seconda un dipinto con San Isidoro del viterbese Barlolomeo Cavarotta, discepolo del Guercino. Nella terza cappella sullo stesso lato, invece, è conservato un bel crocifisso ligneo del '300 anche se la leggenda vuole che fosse portato dalla città di Ferento all'epoca della sua distruzione da parte di Viterbo nel 1172.

 

(Alessandra Ambrosini)

_____________

Opere consultate:
ANDREA SCRIATTOLI, Viterbo nei suoi monumenti, Viterbo, FAVL Edizioni Artistiche, 1988
ALESSANDRA PERUGI, Chiesa di Sant'Angelo in Spatha, in «Il centro storico di Viterbo», Betagamma, Viterbo 2001, pp. 164-165.