La sorgente principale del Bullicame (acqua sulfurea calda a circa 58 C).


Un'antica vasca nella quale veniva raccolta l'acqua del bullicame per macerare la canapa ed irrigare i campi.


La stele in peperino con sopra una targa riportante i versi di Dante dedicati al Bullicame.

Nel corso dei secoli la tradizione viterbese tramandò molte leggende per spiegare simboli e luoghi della città (cfr. La Bella Galliana, Le origini della città).

Tra queste troviamo la storia del “cavallo animoso”, secondo cui sotto la sorgente del Bullicame ci sarebbe uno dei cavalli che trainavano il carro del Sole. Questo animale, caduto nella sorgente e non riuscendo a venirne fuori, adirato di essere relegato sotto terra, produrrebbe una bava spumeggiante, cioè le acque termali ben note ai viterbesi per le loro proprietà terapeutiche.

Gli antichi romani credevano che la schiuma del cavallo curasse da molti mali, ed il volgo viterbese coniugò questa credenza con l'idea che, se non il dio Sole stesso, almeno uno dei suoi cavalli potesse produrre una sorgente di acqua così calda e miracolosa.

Scrive il Della Tuccia nelle sue Cronache: “Avea la città in quei tempi sei nobiltà[...] La quinta fu un cavallo grande, for di modo bello e animoso, il più famoso in tutta Italia, e molti valenti omini lo venivano a vedere per meraviglia”.

Il Perugi si spinge oltre, sostenendo che le sei nobiltà citate dal Della Tuccia altro non fossero che un'allegoria continuata della libertà e che, come il cavallo presso gli antichi era coniugato con l'idea della guerra, il cui fine ultimo è la libertà, così per i viterbesi il Bulicame avrebbe rappresentato nei secoli del medioevo la giusta punizione per i nemici della patria, che vi sarebbero stati gettati dopo la condanna a morte.

Questa allegoria spiegherebbe dunque l'origine di un fenomeno idrogeologico presente da sempre sul territorio e molto noto, almeno nel Centro Italia, se anche Dante nel XIV Canto dell'Inferno vi fa riferimento:

Quale del Bulicame esce il ruscello che parton poi tra lor le peccatrici tal per la rena giù sen giva quello”.
(La Divina Commedia, Inferno, Canto XIV, v. 79_81)

 

 

(Alessia Ambrosini)

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Opere consultate:
CIAMPI IGNAZIO, Cronache e statuti della città di Viterbo, G.P. Vieusseux, Firenze, 1872.
PERUGI GIUSEPPE, La leggenda viterbese del "cavallo animoso", in «Tradizioni Popolari», Rivista trimestrale, vol. 22, 1903 p.532-536.
FRANCESCO MATTIOLI, Dentro Viterbo, Catania, Bonanno Editore, 2009.