A partire dalla seconda metà del XII secolo, Viterbo conosce una rapida crescita urbana e aumenta la sua influenza politica sul territorio circostante. Questo processo scatena forti rivalità con gli altri comuni limitrofi e in modo particolare con Roma. Le mire espansionistiche del senato romano sono la causa di numerosi scontri armati con Viterbo, scontri che deteriorano in maniera preoccupante i rapporti tra le due città, rapporti fortemente condizionati dagli equilibri altalenanti tra Papato e Impero. Nel 1172 Viterbo rade al suolo la città di Ferento e aggiunge la palma, simbolo della città distrutta, al proprio stemma; il legato dell'imperatore, l'arciviscovo Cristiano di Magonza, concede alla città l'indulto per la distruzione perpetrata. Numerosi abitanti di Ferento, dopo la distruzione della loro città, si trasferirono a Viterbo sul luogo ove sorge il rione di S. Faustino. E' da tale data che scompare nei documenti la notazione di castrum Viterbiie si inizia a parlare di un vero e prorio insediamento urbano. Tutta la prima metà del '200 è caratterizzata da continui scontri con Roma fino a che nel 1235 la situazione finì per coinvolgerla direttamente nello scontro tra il Papa e l'Imperatore. Ad un certo punto, per contrastare l'epansione di Roma i Viterbesi invocano l'aiuto imperiale e dal 1239 il controllo dell'imperatore Federico II sulla città si intensifica tramite la nomina a podestà di funzionari imperiali. Per consolidare il suo controllo sulla città, Federico II decide di costruire a Viterbo un palazzo imperiale sul poggio del Tignoso "partim intus et partim extra Civitatem" (parte dentro e parte fuori la città), come si legge nelle antiche cronache. Le vicende storiche (la disfatta del 1243, la peste del 1246) rallentarono notevolmente la costruzione del palazzo ma esso doveva essere a buon punto nel 1247 allorché la cronaca cittadina riporta che in occasione della visita effettuata in quell'anno l'Imperatore ed il suo seguito vi alloggiarono ed il giuramento di fedeltà del popolo viterbese avvenne al suo interno. L'importanza strategica del palazzo è notevole permettendo una postazione militare imperiale permanente, ma il sogno di Federico II è destinato a non avverarsi: la sua morte avvenuta nel 1250 rende per Viterbo quasi obbligatoria la scelta di schierarsi con il papa. I lavori vengono interrotti e nel 1251 il comune diviene proprietario di tutti i beni che furono dell'Imperatore. Il Pinzi narra che nel 1252, per ordine del cardinale Raniero Capocci, l'intero palazzo fu smantellato e le pietre utilizzate per dotare di mura la città dato che in quel punto ne era sprovvista. La data è sicuramente errata visto che il Capocci, acerrimo nemico dell'imperatore, morì ad Avignone il 27 maggio del 1250. Del palazzo restano comunque solo le fondamenta che spuntano da sotto la cinta muraria nonché l'ingresso a cisterne e cunicoli sotterranei, indicati dal Pinzi nel suo "I principali monumenti di Viterbo" come essere probabilmente delle orribili prigioni.
(Angelo M. Ambrosini)
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Opere consultate:
CESARE PINZI, I principali monumenti di Viterbo, Viterbo, Sette Città, 2a edizione, 1999.
ALESSANDRA SPINA, Il castello di Fedrico II a Viterbo: un progetto sul Poggio del Tignoso, in «Biblioteca & società» Vol. LV, n. 3, Viterbo 1994, pp.11-2.